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GEC #12 Billie Jean King

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Author: Future Manager Research Center

Any woman born around 1943 has had to endure so many changes – in her educational experience, in her working life, in sex, in her roles, her expectations. But with me, it always seemed like I was also on the cutting edge of that change.”

Any woman born around 1943 has had to endure so many changes – in her educational experience, in her working life, in sex, in her roles, her expectations. But with me, it always seemed like I was also on the cutting edge of that change.” Questa volontà di essere in anticipo sui tempi, un’apripista su una grande varietà di fronti personali e professionali, caratterizza molti aspetti della vita di Billie Jean King. ll suo nome da nubile era Billie Jean Moffitt, nata sulla costa californiana del Pacifico, a Long Beach, il 22 novembre 1943, divenuta poi una delle atlete più famose della storia del tennis. Impavida e audace in pubblico ma più convenzionale nel suo privato, una leonessa sul campo da gioco ma anche nella vita, una donna che si è esposta a sostegno di battaglie in cui ha sempre creduto come la lotta per la parità di genere e contro ogni tipo di discriminazione.

I genitori, madre casalinga e padre vigile del fuoco, erano due tradizionalisti e metodisti, iperpatriottici e anticomunisti. Questa loro inclinazione è stata probabilmente una delle motivazioni per cui i due figli iniziarono a praticare sport come valvola di sfogo. Il fratello Randy si appassionò al baseball e più tardi divenne un giocatore professionista, invece Billie Jean scelse una strada diversa, con il desiderio di non crescere per essere la tipica casalinga della California del Sud come sua madre o di lottare per tirare avanti con lo stipendio di un vigile del fuoco come suo padre. Quando una compagna di classe la introdusse al tennis, si innamorò immediatamente di questo sport. Billie Jean Moffitt, motivata, concentrata e risoluta nella sua determinazione a ottenere sempre il massimo, si adattava al tipo di personalità che probabilmente avrebbe avuto successo.

Quando iniziò la sua carriera, c’erano solo poche giocatrici nel ranking mondiale che giocavano indossando dei pantaloncini, perché le donne gareggiavano con abiti pudici o gonne che quasi arrivavano alle ginocchia. Il mondo del tennis era estremamente maschilista e gerarchico ma, anche se Billie Jean deplorava la superbia della sua cultura, amava troppo quel gioco per potersene allontanare.

Nel giugno 1961 si diplomò alla Long Beach Polytechnical High School e nello stesso anno partecipò per la prima volta al torneo di Wimbledon vincendo il doppio femminile in coppia con Karen Hantze Susman. Poco dopo riuscì ad entrare al Los Angeles State College come una studentessa comune e senza particolari agevolazioni, nonostante fosse già una rinomata giocatrice a livello nazionale.

Al suo ritorno a Wimbledon nel 1962, batté la campionessa in carica Margaret Smith (anche se non ebbe la stessa fortuna l’anno successivo) e, insieme a Ken Hantze, si riconfermò vincitrice del doppio femminile.

Successivamente riuscì ad avere la meglio anche sulla numero uno del ranking mondiale, l’australiana Margaret Court, al All England Lawn Tennis and Croquet Club. Per vincere il Venus Rosewater Dish dovette però attendere ben tre anni quando, ironia della sorte, si presentò non più come signorina Moffitt, ma come signora King. Billie Jean aveva infatti da poco sposato Lawrence King, uno studente di giurisprudenza.

La sua carriera da quel momento in poi fu costellata di innumerevoli premi: tra il 1966 e il 1974 vinse sei titoli a Wimbledon, quattro agli US Open, uno agli Australian Open e uno al Roland Garros. Ritiratasi dal singolo nel 1983, dopo una stagione che la vide arrivare in semifinale a Wimbledon, Billie Jean King giocò la sua ultima partita ufficiale nel secondo turno degli Australian Open quando Catherine Tanvier ebbe la meglio su di lei con un punteggio di 7-6 , 4-6, 6-4.

Le battaglie sociali portate avanti da Billie Jean King sono famose tanto quanto le sue vittorie sportive: nel 1967 la signora King accusò la United States Tennis Association di attribuire alle giocatrici somme di denaro irrisorie rispetto a quelle che ricevevano i colleghi maschi. Ribadì questo concetto in occasione dell’Era Open lanciando una campagna a favore della parità di guadagno. Quando nel nel 1972 vinse l’US Open, ricevette 15.000$ in meno rispetto a Ilie Nastsase e minacciò che, se l’anno successivo la vincita non fosse stata identica a quella maschile, lei non avrebbe giocato. E così, nel 1973 l’U.S. Open divenne il primo grande evento a offrire uguali vincite in denaro sia agli uomini che alle donne.

L’evento che ha davvero segnato la storia americana non solo dal punto di vista sportivo ma anche sociale è stata la famosa “Battaglia dei Sessi“. Tutto iniziò con l’ex  campione di tennis  famosissimo negli anni Quaranta, Bobby Riggs che, dopo il suo ritiro, iniziò a criticare aspramente la qualità delle giocatrici donne. Con l’attenzione dei media in crescita, egli affermò che all’età di 55 anni sarebbe stato ancora in grado di battere ad occhi chiusi qualsiasi giocatrice, così iniziò attivamente a cercare delle avversarie. La migliore tennista dell’epoca era Margaret Court, che accettò la sfida e giocò contro di lui il giorno della festa della mamma del 1973, ma Riggs la sconfisse facilmente. A quel punto si decise a voler affrontare un’ altra avversaria e concentrò la sua attenzione su Billie Jean King. Come previsto, la donna non esitò un secondo e accettò di partecipare al match in diretta televisiva che attirò un pubblico mondiale di quasi 90 milioni di persone. Il vincitore della “Battaglia dei Sessi” avrebbe vinto centomila dollari. La partita si svolse allo Houston Astrodom il 20 settembre 1973: Billie Jean King annientò Riggs con la famosa serie di set “6-4, 6-3, 6-3” e portò una notevole attenzione non solo allo sport del tennis femminile, ma anche alla tematica della parità di genere.

Convinta che le donne avessero il pieno diritto di poter abortire, la King non si risparmiò nell’appoggiare tanto la lotta a favore dell’aborto, quella contro l’AIDS e contro i più svariati tipi di discriminazioni verso le minoranze. Non a caso, “Philadelphia Freedom” di Elton John è un brano a lei dedicato. Una campionessa, una donna, un personaggio talmente ingombrante che quando Michael Jackson presentò al suo produttore la demo di “Billie Jean”, il discografico gli propose di intitolarlo “Not My Lover” perché era convinto che la gente avrebbe pensato che il cantante avesse avuto una relazione con la tennista.

Billie Jean King non è mai retrocessa di un passo ogni qualvolta, all’orizzonte, si profilava una sfida; persuasa che la sua filosofia di affrontare lo sport e la vita sia l’unica che valga la pena di perseguire, dato che, come ha sempre affermato: «un campione ha paura di perdere. Tutti gli altri hanno paura di vincere.”

a champion is afraid of losing. Everyone else is afraid of winning .”